Moda. Tra greenwashing e sostenibilità

Condividi questo articolo

Continuiamo i nostri approfondimenti su contenuti e concetti della sostenibilità, in un mercato nel quale il termine ed il suo utilizzo per fini commerciali, sta ripercorrendo filiere e processi già tristemente noti e palesemente ingannevoli. Ne parliamo riferendoci ancora una volta al settore moda, ovvero quello che accanto a quello dell’alimentazione sta registrando i peggiori fenomeni di abusi e greenwashing.

La parola greenwashing è composta dalle parole green (cioè il colore tradizionalmente associato all’ambiente) e whitewash (che significa insabbiare o mascherare qualcosa). Il termine fu coniato per la prima volta in America negli ’90, utilizzato per descrivere il comportamento di alcune aziende americane che avevano associato la propria immagine alle tematiche ambientali per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dalle responsabilità dell’inquinamento causato dalle proprie attività produttive.

Il greenwashing è una forma di pubblicità ingannevole, utilizzata  al solo scopo di trarne un beneficio economico, senza fare niente di concreto in tema di tutela dell’ambiente e sostenibilità. Le gravi conseguenze del greenwashing possono ricadere:

  • Sul consumatore, che perde fiducia verso qualsiasi comportamento sostenibile.
  • Sull’ambiente, portando i consumatori a fare scelte, non consapevoli, e sbagliate.
  • Sulle imprese, che sono realmente sostenibili (in particolare quelle appartenenti allo stesso settore o comparto).

Le tecniche di greenwashing possono essere diverse e “creative”. Ne citiamo alcune:

– Utilizzo di parole come “green” o “naturale” sono difficili da dimostrare. In questo caso il comportamento ingannevole può consistere nell’utilizzo di sigilli e simboli che ne rendano l’affermazione legittima.

– Alcuni brand si vantano di seguire determinati comportamenti sostenibili, che però sono obbligatori per legge. Un esempio sono le imprese che vantano prodotti  che non contengono additivi o sostanze per i quali esiste già un divieto normativo di utilizzo.

– Utilizzo di aggettivi come “eco-friendly”, senza guardare al quadro generale (ad esempio le imprese che chiamano le proprie bottiglie di plastica eco-friendly, non considerando che meno del 10% delle materie plastiche vengono effettivamente riciclate).

– Aziende che sporadicamente hanno comportamenti ecologici e sostenibili risultando radicalmente l’esatto contrario.

 

Come difendersi dal greenwashing

I consumatori hanno diversi modi per difendersi dalle azioni di greenwashing. Innanzitutto è consigliabile guardare l’azienda nel suo insieme, cercando informazioni sulle sue politiche di business e sulla presunta sostenibilità (basterebbe consultare il sito web e verificare se vi è una sezione dedicata e relativi documenti ufficiali pubblicati). Inoltre sul web ci sono ormai numerose risorse che hanno lo scopo di aiutare i consumatori a individuare le aziende che effettuano operazioni di greenwashing. Per citarne alcuni:

  • Greenwashing Index, che pubblica sulla piattaforma online le valutazioni su prodotti o aziende, promuovendo la condivisione di informazioni.
  • Sito creato da Greenpeace , dove si trova un elenco delle operazioni più frequenti di greenwashing messe in atto.
  • Peccati di greenwashing”, realizzato da TerraChoice, nel quale si elencano i 7 peccati capitali del greenwashing.

Dalla consultazione dei siti è possibile estrarre una sorta di vademecum dei comportamenti scorretti che si presentano con maggiore frequenza.

Focalizzare l’attenzione su un prodotto o su un particolare green dell’azienda, quando l’obiettivo principale di essa non è la sostenibilità.

– Azioni di marketing mirate ad ingrandire un risultato ambientale piccolo, distogliendo l’attenzione da tutti gli altri risultati non sostenibili.

– Presentare come green un’impresa che in realtà svolge attività di lobbying contro norme ambientali già esistenti, o in sviluppo.

– Pubblicizzare un risultato green come se fosse stato una libera scelta dell’azienda, quando invece è solo una mera esecuzione di un obbligo di legge.

– Affermare che un prodotto è verde in base ad un ristretto insieme di caratteristiche, distogliendo l’attenzione da tutte le altre che hanno gravi implicazioni ambientali.

Mancanza di prove, quando le affermazioni ambientali fatte non possono essere provate da informazioni facilmente accessibili o da certificazione da parti di terzi.

– Le caratteristiche sostenibili del prodotto sono indicate in modo generico, con un significato facilmente frainteso dal consumatore.

– Prodotti con  etichette contraffate o false

– Affermazioni ambientali veritiere ma non rilevanti o utili ai consumatori.

– Indicazione veritiera su uno specifico prodotto, omettendo la totale mancanza di sostenibilità  dalla categoria considerata nel suo complesso.

Vero green fashion

L’elemento centrale per sviluppare il green fashion è l’eliminazione di sostanze nocive nelle fasi di coltivazione e produzione di fibre e tessuti. La sostenibilità e l’eticità dei prodotti del green fashion non sono qualità immediatamente percepibili. Ecco che i sistemi di certificazione e di controllo sono i principali strumenti per garantire il processo di qualità e l’osservazione delle regole stabilite per il rispetto dell’ambiente e dei lavoratori. La sostenibilità per la maggior parte riguarda la lavorazione delle fibre, dei tessuti e dei pellami, e la conoscenza sulla riconoscibilità della materia e sull’aspetto dell’indumento da parte del pubblico deriva esclusivamente dalla comunicazione che viene relativamente fatta. Un altro modo per riconoscere la moda sostenibile è rappresentato dalle forme artigianali, dai mercati di prodotti equosolidali, o ancora dalle pratiche che associano un nuovo design con il recupero e la conservazioni di tecniche che provengono dalle tradizioni locali di aree svantaggiate e lontane. Solitamente, gli aspetti maggiormente caratterizzanti della moda sostenibile sono dettati dalla riduzione degli sprechi, dell’impatto sul territorio e lo sfruttamento del lavoro. Ci sono casi dove lo scopo è quello di creare delle cooperazioni con le popolazioni locali o categorie speciali in maggior misura svantaggiate, e il design di questi prodotti esprime tipicamente l’abito tradizionale, o ne esalta la qualità naturale dei materiali e delle colorazioni.

Per non incorrere nel greenwashing, la sostenibilità di un prodotto viene valutata nell’intero ciclo di vita, dalla nascita alla morte. La fase della nascita include le prime trasformazioni manifatturiere e anche l’origine delle materie prime, questo perché le condizioni di produzione delle materie prime influenzano moltissimo il grado di sostenibilità.


Condividi questo articolo

Articoli correlati

L’impatto di Outcome

Condividi questo articolo

Condividi questo articoloCome abbiamo scritto nei precedenti articolila valutazione degli Outcome e la successiva assegnazione dei valori è una fase fondamentale del processo di calcolo


Condividi questo articolo
Scopri di più

Il nuovo illuminismo del business

Condividi questo articolo

Condividi questo articoloIl nuovo illuminismo del business: l’azionista non viene prima di tutto, lo dicono le multinazionali Usa. La nuova dichiarazione della Business Roundtable, al


Condividi questo articolo
Scopri di più